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Il Santo Graal

Ultimo Aggiornamento: 14/04/2005 18:27
02/04/2005 14:40
 
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2 - Chretien de Troyes

La prima opera a parlare del Graal è, come abbiamo visto sopra, il Perceval di Chretién.
Ora, Chretién descrive - sommariamente - il suo graal come un piatto largo e abbastanza capiente e profondo da contenere un grosso pesce, mentre un testo primoduecentesco, la prima "Continuazione anonima" del Perceval, ne tratta come di un recipiente tanto grande e profondo da contenere una testa di cinghiale.
Risulta chiaro che questi autori consideravano il graal come un oggetto d'uso corrente, magari addirittura umile e quotidiano. Si ritiene che etimologicamente il termine sia la sintesi tra due termini latini, crater (il panciuto vaso per il vino) e vas garale (un recipiente che si utilizzava per conservare una salsa di pesce chiamata garum: di nuovo qualcosa a che fare col pesce).
La diffusione del termine volgare dovrebbe aver avuto inizio nell'area occitanico-catalana, nell'accezione di un oggetto di uso corrente.
Va sottolineato che anche in gaelico esiste la forma greallach con il significato di "creta", "argilla" o "terra cruda", che fa pensare ad una radice indoeuropea.
La teoria che fa riferimento all'espressione Sang Real, con riferimento al sangue del Cristo, o comunque alla dinastia Merovingia è senz'altro affascinante ma manca di ogni prova a suo favore.
Il Perceval è un "romanzo iniziatico", che racconta come il giovane Perceval il Gallese, "figlio della dama vedova" e abitante nella "Guasta Foresta" - dov'è cresciuto del tutto ignaro dei costumi cavallereschi dato che la madre (che ha perso tutti i suoi cari a causa della cavalleria) ha voluto tenerlo al riparo da tale conoscenza - intraprenda invece la professione delle armi cortesi (l'ideale cortese andava sviluppandosi proprio nella corte di Troyes) giungendo, attraverso svariati insegnamenti che spesso fraintende, alla perfezione spirituale.
Il giovane Perceval incontra un giorno nella foresta, per caso, dei cavalieri: rimane affascinato e spaventato dalla loro bellezza e potenza, rivolge loro molte domande e - sulla base delle risposte - decide di recarsi alla corte di Artù a Cardurel, in Galles, per essere a sua volta investito della dignità di cavaliere.
La madre, nonostante il timore che il figlio vada incontro alla morte come il resto della famiglia, gli impartisce gli insegnamenti fondamentali sulla cavalleria: onorare dame e damigelle, chiedere il nome a chi s'incontrerà con lui, rispettare le chiese.
Seguendo queste indicazioni Perceval, ingenuo e rozzo, giunge alla corte di Artù, uccide il Cavaliere Vermiglio che ha offeso il re e viene istruito da Gornemant de Goort, che gli impone di concedere grazia al nemico vinto che la richieda, di non parlare troppo, di assistere i bisognosi e di pregare.
Dopo una serie di avventure, Perceval giunge alla corte del Re Pescatore, dove assiste ad una singolare processione:

[...]"Mentre parlano di questo e d'altro, un valletto viene da una camera, e tiene una lancia lucente impugnata a metà dell'asta. Passa tra il fuoco e coloro che sono assisi sul letto. E tutti i presenti vedono la lancia chiara e il ferro bianco. Una goccia di sangue stillava dalla punta di ferro della lancia. Fin sulla mano del valletto colava la goccia di sangue vermiglio. Il giovane ospite vede tale meraviglia e si trattiene dal domandarne ragione. E' perchè rammenta le parole del maestro di cavalleria. Non gli insegnò che non si deve parlare troppo? Porre domande sarebbe villania. Non dice parola. Poi arrivano due valletti, tenendo in mano candelabri d'oro fino lavorato a tiello. [...] Una fanciulla molto bella, slanciata e ben adorna veniva coi valletti e aveva tra le mani un graal. Quando fu entrata nella sala col graal che teneva, si diffuse una luce sì grande che le candele persero il chiarore, come stelle quando si leva il sole o la luna. Dietro di lei un'altra damigella recava un piatto d'argento. Il graal che veniva avanti era fatto dell'oro più puro. Vi erano incastonate pietre di molte specie, le più ricche e le più preziose che vi siano in mare e in terra..."

La misteriosa processione si ripete durante il banchetto del Re Pescatore con Perceval. Il Graal, “tutto scoperto”, passa ad ogni portata, e il giovane desidererebbe chieedere cosa significhi la scena, cosa si il Graal e a chi venga servito, ma, ricordando gli insegnamenti ricevuti, tace.
Al mattino seguente, il castello è deserto. Perceval ne esce solo, e da un incontro casuale - una giovane nella foresta, che poi risulterà essere la cugina - scopre che il Re Pescatore è gravemente ferito, e se egli avesse posto la domanda relativa alla funzione e alla natura del Graal sarebbe guarito, e che il suo errore deriva da una colpa, aver fatto morire di dolore la madre dopo che l’aveva abbandonata per recarsi da Artù.
Dopo altre avventure, che si intrecciano con quelle di un altro noto cavaliere, Galvano, Perceval arriva, il Venerdi Santo, a un eremo dove risiede un anacoreta. Questi gli rivela di essere fratello di sua madre e del re al quale è servito il Graal, il cui contenuto è un’ostia: “quest’ostia sostiene e conforta la sua vita, tanto essa è santa, e egli stesso è sì santo che nulla lo fa vivere se non l’ostia del Graal”.
Dopo questa rivelazione, Perceval rimane dallo zio eremita per espiare il suo peccato, la morte della madre. In questo modo l’educazione cavalleresca del giovane si conclude attraverso l’affinamento dello spirito.
I pochi versi relativi all’apparizione del Graal nel castello e i successivi, sull’ostia della quale si ciba il re ferito, hanno segnato come nient’altro la cultura europea: da allora quel graal è diventato il Solo., l’Unico, il Santo Graal.
Così come esiste, redatta e completata nel XIII secolo, una Legenda Crucis, che segue la sorte del legno della croce dal Paradiso terrestre al Calvario, esiste anche una Legenda Gradalis, che segue le vicende del santo recipiente dalla sua confezione in poi.

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