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| Registrato il: 13/11/2001 | Sesso: Maschile | Moderatore | Eletto | |
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Direi chiarissimo!! Anke io sono daccordo con te sul fatto ke ci si possa divertire anke con elevati livelli di potere senza scadere in stili di gioco troppo legati al combattimento fine a se stesso dove oltretutto il personaggio nn rischia nulla in virtù della sua potenza disumana.
Aggiungo in oltre, per completare il mio precedente intervento, cha regole addizionali sull'uso della magia si trovano pure sul manuale Legends & Lore della TSR per AD&D 2a edizione. Qui non vengono riportati nuovi incantesimi (a parte una manciata di incantesimi particlarissimi dedicati a culti clericali specifici) ma si discute sull'efficacia della magia IN BASE A CHI LA UTILIZZA. Nello specifico viene analizzato l'uso ke ne fanno i mortali e gli immortali (semidei, dei inferiori, dei intermedi e dei superiori). Prendendo spunto dall'ultimo intervento di Saan Raal, mi riallaccio a quanto riportato nel manuale, ke per ciascuna categoria di immortale, fa un'elenco di poteri comuni e varie abilità standard. Tra i parametri presi in considerazione, ci sono anke i vari livelli di utilizzo della magia: un Dio ha infatti accesso ad ogni tipo di incantesimo, ma un diverso modo di rapportarsi ad esso e agli effetti sugli altri. Mi spiego meglio: un dio maggiore per esempio, potrebbe per esempio godere di una resistenza alla magia del 25% contro gli incantesimi di un suo pari, ma questa salirebbe a 50 e 75% verso le divinità inferiori, fino alla totale immunità agli incantesimi dei mortali. Le varie combinazioni possibili, mostrano palesemente il fatto, ke la magia in questo caso viene alterata per QUALITA' e non per QUANTITA' di danno o di effetti prodotti.
Non tutte le menti sono uguali, e non tutte sono in grado di gestire nello stesso modo lo stesso potere. Mortali ke abbiano intenzione di misurarsi con gli dei, farebbero bene a affidarsi a qualke antico artefatto per accrescere i loro poteri, o a rinunciare all'impresa. Tutto questo però non va visto solo nell'ottica del powerplayng: spesso ho visto, anke qui sul nucleo, e specialmente da chi disprezza AD&D in favore di altri giochi, bollare come powerplay qualsiasi campagna in cui i poteri dei personaggi raggiungano livelli non comuni. A mio parere però (opinione condivisibile o meno, non certo verità assoluta), chi fa ragionamenti simili sbaglia, e il più delle volte, non me ne vogliate, tali discorsi vengono fatti da DM (o GM, oppure Narratori, se giocate ad altri giochi...) incapaci di gestire campagne non standard.
Paradossalmente a mio giudizio, anke un'avventura con personaggi divini potrebbe riuscire meglio di una seduta di un GDR "realistico". Il fascino di poteri così enormi e l'inevitabile affezionamento e immedesimazione verso il proprio pesonaggio portato faticosamente dal 1° livello fino allo stato di semidivinità, costituisce un notevole stimolo al gioco, ma in questi casi più ke mai, la buona riuscita dell'avventura è nelle mani del DM e non dei giocatori, che deve riuscire a farla vivere. Certo, qualcuno obietterà ke con simili livelli di potere ci si avvicinerà molto al DICELESS, in quanto l amaggior parte delle azioni sono automatiche, ma il trucco a mio giudizio sta nel saper coinvolgere i giocatori in azioni che non prevedano solo lo scontro con creature, fare comportare i giocatori da dei insomma, fargli architettare piani per insinuare il proprio potere senza dare nell'occhio, in modo da guadagnare fedeli e credibilità. Le possibilità sono infinite, l'unico limite è la fantasia del DM.
Infine, tornando al discorso da cui siamo partiti, poteri tanto grandi nelle mani di un mortale sono sicuramente un ottimo spunto per avventure, per poter aggiungere ancora un pò di rischio anke ad alti livelli, e aggiungere una alta percentuale di rischio ogni volta che si usa una parte di questo potere può essere un ottimo deterrente ad un abuso dello stesso.
In fondo esistono tanti giochi di ruolo quanti sono i DM...a ognuno il suo, come meglio crede. :)
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