Secondo certe fonti, fu trovato nel 1927 da una diciassettenne, Anna, figlia adottiva dell’avventuriero e vagabondo F.A. Mitchell-Hodges, mentre scavava fra le rovine di Lubaantun, la “Città delle pietre cadute” nelle giungle dell’Honduras britannico. Dopo tre anni di scavi nell’antico sito archeologico maya, Anna portò alla luce il teschio di cristallo di rocca, a grandezza naturale, che giaceva fra le macerie di un altare e di un muro attiguo. Una mandibola appartenente allo stesso manufatto venne ritrovata a circa otto metri di distanza tre mesi dopo. La squadra di Mitchell-Hodges eseguì estesi scavi nella zona, e diede un enorme contributo al nostro attuale patrimonio di reperti e conoscenze sulla civiltà precolombiana del Nuovo Mondo.
Il cristallo di rocca, purtroppo, non può essere datato con i sistemi convenzionali. Tuttavia i laboratori Hewlett-Packard, che studiarono il misterioso cranio, hanno stimato che il suo completamento avrebbe richiesto un minimo di trecento anni di lavoro a una serie di artigiani dotati, però, di enorme talento. In termini di durezza questo tipo di cristallo è solo leggermente inferiore al diamante. Perchè allora questo pezzo di pietra, tra l’altro non originario del posto, era considerato di un tale valore che il popolo che lo lavorò - quale che fosse - impiegò più di tre secoli per levigarlo pazientemente?
Il mistero del teschio di cristallo si infittì ancor di più quando fu ritrovata la parte inferiore e quando i due pezzi furono attaccati si vide che la mandibola si articolava col resto del teschio, creando l’effetto di un cranio umano che apre e chiude la bocca. E’ possibile che il teschio fosse manovrato in tal modo dai sacerdoti del tempio e che fosse usato come oracolo e strumento di divinazione. Pare che il lobo frontale del teschio a volte si appanni, acquistando una tinta lattiginosa. Altre volte emette un’aura spettrale simile all’alone della luna. Queste manifestazioni potrebbero essere il frutto di una fantasia sovreccitata, oppure stimolata dal potere intrinseco del cranio stesso; di fatto coloro che hanno avuto contatti prolungati nel tempo col teschio riferiscono di esperienze sensoriali inquietanti che comprendono suoni ed odori eteri, fino ad arrivare all’apparizione di spettri.
L’impatto visivo del teschio è, sicuramente, ipnotico anche per uno scettico. Quali che siano le sue proprietà, a ogni modo, non pare proprio che chi lo possiede venga colpito da maledizioni.
Anzi, Mitchell-Hodges, che non si staccò dal teschio per più di trent’anni, è scampato a tre accoltellamenti e ad otto ferite d’arma da fuoco. Prima di morire, il 12 giugno 1949 lasciò scritto nel suo testamento che il teschio fosse assolutamente consegnato alla figlia adottiva, che l’aveva trovato.
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