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Racconto: Grasse Cose Senza Gambe Che Rotolano

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2005 16:33
24/01/2005 16:33
 
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Come dei vivaci demoni guizzanti, le fiamme del falò illuminavano teste rasate e capelli lunghi e fluenti, mischiando gli anni ’80 e i ’90 con folle, isterica festosità.
Tutta la spiaggia, solita meta di famiglie felici e bagnanti con fisici scolpiti nel marmo, di notte diveniva un immondezzaio sociale, in cui ragazzi degradati, giovani senza meta, si riunivano senza un apparente motivo.
Erano lì e basta. Festeggiavano.
In ogni angolo, un delirio. Coppie isolate amoreggiavano selvaggiamente, tentando goffamente di scopare all’aperto, nel freddo delle notti estive. Altri piccoli bastardi ridevano da soli, seguendo i loro tortuosi pensieri. C’era chi rollava, chi sputava, chi pogava, chi urlava.
Seduti attorno al falò, alcuni ragazzi fissavano annichiliti le fiamme, mentre caricavano un’ennesima canna nei loro Bong. L’alcool, l’acido lisergico, i funghi allucinogeni sembravano piovere dal cielo. Tutti ne possedevano e tutti ne consumavano, ininterrottamente, in una bizzarra sfida tra il corpo e la mente, per vedere chi tra i due collassava prima. Era uno scenario senza senso, straripante di non-vita chimica, di allegria nichilista.
Pitch, osservando ciò che lo circondava, non riusciva a capacitarsi di tanto caos. Seguiva con lo sguardo, frenetico, chi correva per buttarsi nel mare, chi danzava nudo, chi si masturbava nel bagnasciuga. E soprattutto, tentava di ignorare quel piccolo Pacman azzurro che gli sussurrava vaneggiamenti all’orecchio. Era lì da tre ore, quella palla bastarda, ad infastidirlo con insanità allucinanti, fiumi di parole che parevano grasse cose senza gambe che rotolavano, investendo i suoi nervi uditivi.
“Hey baby, sono strafatto di crack” gli disse Pacman “Succhiami i capezzoli !!!”.
Il ragazzo, voltandosi e osservandolo, constatò che non ne aveva. Così disse, a mezza voce: “Pac, sei proprio fulminato. Tu NON hai i capezzoli.” Poi, naturalmente, si rese conto di essere in pieno delirio. Non c’era nessun Pacman. Era tutto nella sua testa acida.
Stanco di quella confusione infernale, Pitch si alzò e corse saltellando verso il bosco oltre la spiaggia. Mormorava: “Ma... sai com’è, Pac.... sono qui... un po’ così... sul beat.”
E intanto la malefica palla continuava a sproloquiare, seguendolo: “Ma che masnada di neuroni manigoldi in acido !!!”
Il ragazzo entrò nel bosco tenebroso, che incombeva su di lui come una cappa di sudicia oscurità.
Ma non aveva paura. Sentiva un ché di vitale nei contorti intrichi della vegetazione. Pensava, anzi, era convinto, che fosse quello che lui chiamava, il Bosco dell’Infanzia. Naturalmente, non aveva idea di cosa volesse dire.
Seguitava a saltellare, ridere e ridere. Non ce la faceva più.
Gli addominali erano in perenne trazione, e non sentiva più sensibilità alle appendici del corpo. Le sue ossa sotto sforzo per sostenere l’energia pura da lui emanata. Il volto era paralizzato in quella che lui definirebbe, con termine tecnico, una faccia da culo: la bocca spalancata, gli occhi a palla, la muscolatura facciale completamente rilassata.
Mentre vagava e vagava, insieme al suo allucinato Pacman illusorio, si rese conto di essersi perso. Ma non gli importava: la sua attenzione era focalizzata sulla fottuta palla in crack che lo molestava, parlando senza mai finirla.
“Hey, Pitch, succhiami ‘sta mazza, brutta checca !!!” gli strillava, e la sua voce era un fastidioso stridio nel silenzio perfetto della selva.
Improvvisamente, un flash di luce dall’alto rischiarò a giorno l’intero bosco. Era di un bianco incontaminato e soffuso, che si adagiava mollemente sugli alberi e proiettava ombre liquide sul suolo.
Pitch rimase ammutolito, come pure Pacman, spiazzato. Vide, sopra la sua testa, un enorme disco luminoso, che aleggiava nell’aria eludendo la forza di gravità. Cristo, questo era troppo anche per l’acido, pensò il ragazzo, non poteva essere un’allucinazione. Difatti, non lo era.
Ragionò sull’ironia della situazione. Questo è il primo contatto. Il momento storico. Il punto di svolta della razza umana. “Ma quanto cazzo sono fulminato !!!” strillò Pacman “Sono proprio uno SBALLONE !!! Sono fulminato come Zeus e cago lampi dal culo e palle di fuoco dagli occhi !!! Sono il Dio Del FULMINE !!!”
Pitch gli diede una sonora pedata. Pacman era fatto così. Non si godeva mai i Punti di Svolta della Vita dell’Intero Pianeta.
Dopo qualche minuto, il ragazzo venne investito da un intenso raggio di luce. Sentì la sua stessa essenza sgretolarsi e ridursi in molecole viaggianti, che a velocità supersonica furono attratte verso l’Ufo e ricomposte nella loro configurazione originale. Il teletrasporto non era decisamente come Pitch se l’aspettava.
Star Trek era una stronzata.
Faceva male. Come se strappassero violentemente ogni suo atomo, come se riducessero la sua carne a piccoli brandelli e rimestassero tutto in un tritacarne spirituale. Ogni molecola impazzita bruciava e urtava violentemente le altre, ogni singola cellula andava a velocità supersonica e si infrangeva contro le molecole d’aria, istantaneamente, quasi sparassero una scimmia a Mach 3 contro un muro di titanio. Una volta concluso il trasporto, il ragazzo venne colto da un profondo senso di nausea.
Erano soli, lui e Pacman, in un’enorme camera luminosa, totalmente vuota. Delle vaghe figure antropoidi iniziarono ad emergere dal suolo, come fosse liquido. In controluce, apparivano simili a nani dall’esile corporatura e una sproporzionata testa. I loro occhi, esageratamente grandi, erano totalmente privi di pupilla e iride, delle superfici rosse e lisce. Parevano nudi, avvolti semplicemente da una sottile membrana azzurrina.
“UMANO, sei stato scelto come soggetto esemplare della razza dominante di questo pianeta” tuonò una voce sconosciuta “Tu, sei Pitch il dominatore. Sotto il tuo comando, tutte le nazioni del mondo tremano. Tu hai il potere su ogni cosa. Tu, l’Eroe. Tu, il Salvatore. E tu, dato che questo mondo ti appartiene, pagherai per primo”
Le sue frequenze erano totalmente ultraterrene, estranee alle attuali leggi della fisica, e rimbombavano nelle sinapsi del ragazzo, come se fossero sparate a folle velocità contro i suoi nervi udutivi.
Continuò “Voi, razza dominante, non conoscete voi stessi. Voi non avete la pienezza. Voi siete un danno al pianeta, perché non conoscete. Noi conosciamo. Noi prenderemo il vostro posto. Siete obsoleti.”
Pitch rimase impressionato e impaurito. Probabilmente sarebbe stata la fine del mondo per come loro lo conoscevano.
“Analizzeremo, vivisezioneremo la tua anatomia, e troveremo il modo più rapido e doloroso per porre fine alla vita umana sul pianeta.” Continuò la voce “Hai qualche desiderio, prima di cessare di essere?”
Il ragazzo si avvicinò barcollando alle figure antropoidi. Una di esse fece qualche passo in avanti. Pareva che scivolasse sul suolo, piuttosto che camminare. Fluttuava a qualche centimetro da terra. In mano teneva una piccola sfera cromata.
“Questo è lo strumento che porrà fine alla tua esistenza. Temilo, umano. E’ la Morte dell’Uomo.”
Quando fu abbastanza vicino all’alieno minaccioso, Pitch non riuscì a trattenersi. Vomitò tutto il cibo indiano che aveva mangiato a cena. Pitch odiava il cibo indiano.
L’alieno fu sommerso da una vagonata di succhi gastrici e alimenti parzialmente digeriti.
Pacman rise, rotolandosi per terra: “Sono troppo FOTTUTO !!!!” disse “Il mio organismo non riesce a sopportare così tanta DROGA !!!! Sono il RE dello SBALLO !!!”
Dopo aver sputato gli ultimi rimasugli di vomito, il ragazzo finalmente riuscì a parlare. “Zero bonji, per sandaji granji, i nervi saltano via come bungee.”
La malvagia palla fulminata, per dargli manforte, strillò: “Il mio amico GONFISSIMO ha ragione. Si, perché siete dei fottuti NANI. E non siete neanche INCREDIBILMENTE gonfi di fottuto ACIDO. Quindi FANCULO.”
Pulendosi dal vomito, l’alieno inzaccherato disse: “Allora andremo da questo Bonji, faremo un pò di sandaji ed un pò di bungee. Ma sappi che la vostra razza presto sarà estinta !!!”
Il ragazzo e la fottuta palla tornarono alla spiaggia, dove finalmente riuscirono a riposare. Come epitaffio a questa singolare esperienza, Pacman non poté trattenersi dal dire: “Sono TROPPO flashato !!! Ogni mia singola molecola è FOTTUTAMENTE gonfia di DROGA !!!”

Morale della favola: la teoria di Jung si basa innanzi tutto sulla distinzione tra introversione ed estroversione. Nella nostra cultura il termine introversione tende ad avere un significato leggermente negativo. Non è così nella teoria junghiana. L’introversione non è né meglio né peggio dell’estroversione. Questa dimensione ha infatti a che fare con l’orientamento dell’energia psichica.
(beh, non c'era bisogno di dirlo. Era chiaro, no?)
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