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"Lupi: il Miglior Nemico dell'Uomo" di Barry Lopez

Ultimo Aggiornamento: 06/09/2004 20:08
04/09/2004 04:14
 
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Nella sezione precedente dedicata alla caccia, ho accennato a quel momento di contatto visivo tra lupo e preda, un momento che sembra palesemente decisivo. In questi momenti i lupi eseguono azioni incompresibili (all'occhio umano). Cominciano a inseguire un animale e poi si girano e se ne vanno. Osservano una serie di tracce di alci fresche di un minuto, le annusano e proseguono, ignorandole. Camminano lungo il perimentro di una mandria di caribù comunicando, in apparenza, l'intenzione di attaccare. E la preda risponde al segnale. L'alce trotta verso i lupi, che se ne vanno. L'antilocapra getta in alto la groppa bianca affinchè venga seguito. Una vacca ferita si alza per farsi notare. E la preda si comporta in modo strano. Il caribù usa di rado il palco delle corna contro il lupo. Un alce sofferente che, per quanto ne sappiamo, potrebbe intimare il dietro front ai lupi solo restando ben piazzato al suolo, assume la condotta che più di ogni altra può far scaturire un attacco, l'azione che è meno capace di portare a termine: corre.
Ho chiamato questo scambio in cui gli animali sembrano fissare lo sguardo e prendere una decisione la conversazione di morte. E' uno scambio cerimoniale, la carne della preda in cambio del rispetto per il suo spirito. In questo modo, entrambi gli animali, e non solo il predatore, stabiliscono che l'incontro termini con la morte. In tutto questo esiste almeno un ordine sacro e nobiltà, ma è qualcosa che accade solo tra il lupo e le sue prede maggiori. Esso produce, per il lupo, carne sacra.
Immaginate una vacca al posto dell'alce o del cervo a coda bianca. La conversazione di morte è notevolmente stentorea con gli animali domestici. Gliela hanno estirpata e ora non sanno come affrontare un lupo. Il cavallo, per esempio, animale così grosso da riuscire, come un alce, a rompere le costole di un lupo o a fracassargli il cranio con un calcio, verrà preso dal panico e scapperà.
Quello che succede quando un lupo penetra un gregge di pecore e ne uccide venti o trenta come se fosse costretto, forse non è tanto un macello quanto il fallimento della percora nel comunicare qualsiasi cosa - resistenza, rispetto reciproco, parità - al lupo. Il lupo ha dato avvio a un rituale sacro ma si è scontrato con l'ignoranza.
Questo ci porta ad un secondo punto, che tratta una morte diversa da quella che conosciamo noi umani. Quando il lupo "chiede" la vita di un animale, sta reagendo a qualcosa che in quell'animale dice "La mia vita è forte. Vale la pena richiederla". Un alce potrebbe essere biologicamente costretto a morire perchè vecchio o ferito, ma può scegliere. La morte non è tragica: è dignitosa.
Consideriamo di nuovo gli indiani. Le culture indiane americane sottolineavano come non ci fosse nulla di sbagliato nella morte: bisognava solo lottare per morire bene, scegliere consapevolmente di morire anche se è inevitabile. Era la gloria maggiore di cui poteva godere un guerriero che nelle fauci della morte metteva in atto questo tipo di autocontrollo. La capacità di vedere la morte in modo meno tragico era radicata in una diversa percezione dell'ego: una persona era indispensabile e al tempo stesso non necessaria per il mondo. Nella conversazione di morte è la lotta per la morte ad essere "adeguata". "Ho vissuto una vita piena" dice la preda. "Sono pronta a morire. Voglio morire perchè la mia morte permetterà ai miei compagni di mandria di continuare a vivere. Sono pronta a morire perchè ho una gamba rotta o i polmoni ammalati e ho fatto il mio tempo."
La morte è concordabile reciprocamente. La carne che produce ha potere, come se fosse consacrata. (Questa è una bella parola. Ci colpisce in questo caso solo perchè è estranea al suo normale contesto.)
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