21 a.c. – 6° Anno Augusteo – Mattina – 6.30
La mattina é calda e solare.
Le strade di Roma, la città eterna sono come sempre affollate di gente. Nel centro siete costretti a continuare aiutati dai servitori, visto che l'uso delle bighe e dei carri é vietato, per il traffico della più grande città dell'impero.
Il Senato, l'imponente costruzione che rivaleggia solamente con il palazzo dell'imperatore Augusto, é davanti a voi.
Una lunga scalinata, colma di persone che salgono, scendono, discutono: vedete gente di ogni razza e religione, proveniente da tutto il mondo.
Salite le scale e accompagnate Falco fin dove potete: in quella stretta stanza dove siete stati quattro anni prima. Nulla sembra essere cambiato: la statua di Scipione l'Africano é ancora al suo posto, ma sentite un gelo dentro i vostri cuori.
Quello che dirà Falco é fondamentale, lo sapete tutti. La minaccia che avete sfiorato non era diretta contro di voi, ma contro l'Impero: Augusto lo sa, ma il Senato riuscirà a capirlo?
Falco si avvicina a Caio Albertus, e l'ex-senatore annuisce.
E' arrivato il loro turno. Falco aiuta il vecchio senatore ad entrare nella sala: due soldati si spostano al loro passaggio e poi chiudono la porta dietro di loro.
Vi accomodate e scansate con un gesto qualsiasi bevanda offerta dai servitori: Roma non sa che questa potrebbe essere la più importante riunione di sempre.
Il Senato é infine riunito, e non potete far altro che sperare nell'arte oratoria di Falco.
[Quanto segue lo dovete leggere tutti.. é quanto dice Falco, che ve lo ripete riportando gli umori dell'assemblea NdG]
Falco
Caio Albertus si allontana da te, e con un cenno ti mostra il tuo posto, al centro dell'assemblea.
"Senatori...", dico inchinandomi al loro cospetto.
L'atmosfera è talmente carica che la si potrebbe tagliare con un coltello. Sento su di me lo sguardo di tutti i presenti e la cosa mi mette a disagio.
Non devo pensarci, ho un importante compito da svolgere e non posso permettermi esitazioni...
Cerco di non pensare a nulla, di svuotare la mente aggrappandomi a tutta la determinazione di cui sono capace.
"Mi presento, sono Falco, Centurione di Roma e sono qui al vostro cospetto per provare a spiegarvi quali pericoli minacciano Roma..."
Osservo la reazione suscitata dalle mie parole: alcuni senatori iniziano a borbottare tra di loro, ma é poca cosa, e posso continuare.
"E' difficile spiegare a chi non ha vissuto in prima persona certe esperienze. Lo scetticismo e la razionalità spesso sono ostacoli insormontabili. Ma quanto ho vissuto quattro anni fa mi ha lasciato un segno indelebile, una ferita che mai si rimarginerà..."
"Come ben sapete quattro anni fa fui incaricato di recarmi con la mia Centuria nella provincia di Cartagine per far luce su strani eventi e riportare le quiete in quella Regione. Ebbene, è difficile credere a quanto sto per raccontarvi, ma vi prego di prestare grande attenzione alle mie parole..."
Il mio sguardo vaga nel vuoto, come alla ricerca di quei ricordi che ho scelto di dimenticare, di riporre nel più remoto angolino della mia memoria. Ricordi tetri e terribili che mi hanno cambiato la vita e mi perseguiteranno finchè la mia anima non troverà riposo nel Regno degli Dei.
"Tutto iniziò, come vi ho già detto, un giorno di quattro anni fa... Ero stato convocato qui al Senato di Roma per discorrere su un'importante questione.
Quando finimmo mi incamminai verso la strada di casa quando incrociai il Centurio Caio Albertus, figlio del Senatore... Egli pareva estremamente preoccupato, ma lì per lì non gli prestai particolare attenzione. Fu quello che accadde dopo a lasciarmi il segno che tutti voi potete vedere tra i miei capelli..."
Così dicendo passo la mano tra la ciocca bianca che adorna la mia fronte.
Lascio che il mormorio dei Senatori cessi e riprendo.
"Ebbene, quella sera il Centurione estrasse la sua spada dal fodero e rimasi colpito da quel prodigioso evento... La lama riluceva di una fredda luce azzurra, che lentamente andava intensificandosi man mano che ci inoltrammo tra i corridoi e le sale del Senato."
"Passarono diversi minuti prima che ci trovassimo di fronte ad una pesante porta... La lama inghiottiva l'oscurità attorno a noi illuminando il nostro cammino.
Entrammo nella Sala e di fronte a noi stava una figura vestita di nero. Un cappuccio celava il suo volto e il suo respiro era roco..."
"Mai dimenticherò quanto accadde dopo... La luce che la lama emanava si diresse verso l'uomo di fronte a noi e quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene.
Il suo volto, il suo corpo erano completamente formati da vermi che brulicavano... Un orrore senza nome, una paura terribile prese il sopravvento e restai immobile, senza poter muovere un solo muscolo.
Il Centurione si precipitò contro l'uomo, che rapidamente estrasse da una strana borsa un liquido mortale e gliela gettò in volto. Uno spettacolo raccapricciante, Senatori... In un attimo il volto del Centurione si sciolse, come fosse stato bruciato vivo..."
Il mio sguardo va ad incrociare quello del Senatore... Immagino il dolore che sta provando in questo momento, ma è necessario affinchè tutti si rendano conto di quanto ci minaccia e vuole schiacciare la Grande Roma...
Poi i miei occhi vagano per il Senato alla ricerca del loro consenso: sento apertamente come alcuni di loro parlino di me come di un pazzo, e si chiedano che cosa sto facendo davanti a questa assemblea..
"Io potevo vedere tutto, ma il mio corpo non rispondeva al mio controllo. E' stato terribile, l'impotenza mi ha sopraffatto e ho pensato fosse giunta l'ora in cui la morte avrebbe reclamato la mia anima..."
"Con noi era presente Aracus, il mio più fedele soldato. Egli, sprezzante del pericolo, raccolse la lama abbandonata dal Centurione e si precipitò verso l'uomo, verso quell'abominio partorito dagli incubi più remoti che albergano nel nostro subconscio.
Con un abile colpo riuscì a sbilanciarlo ed il successivo affondo colpì l'uomo mortalmente. Lo vidi accasciarsi lentamente al suolo, sibilando parole in una lingua a me sconosciuta... Quanto vidi dopo fu incredibile. L'uomo prese fuoco e di lui rimasero soltanto un mucchietto di ceneri fumanti."
"Mi ripresi poco dopo, senza fiato e con questa ciocca di capelli bianchi che mi copriva la fronte. Quando detti la triste notizia al Senatore questi mi affidò la magica lama appartenuta al figlio, la Ex-Lvce", dico estraendo la spada dal fodero e mostrandola al Senato tenendola per la lama.
"L'origine di questa lama si perde nell'alba del tempo. Ho eseguito diverse ricerche sul suo conto, ma non sono stato in grado di risalire al suo misterioso passato..."
Rinfodero nuovamente la spada e proseguo, facendo finta di non sentire le aperte accuse di un senatore, che mi domanda perché io ho questa lama, e non il soldato Aracus.. già.. perché?
"Dopo quell'episodio ricevemmo l'incarico di partire alla volta di Cartagine, come vi ho già esposto prima. Con noi salparono anche altri uomini, tra cui il Pretoriano Marco Bellero, dietro diretto ordine del nostro Imperatore..."
"Giunti a Cartagine ci presentammo al cospetto del Governatore. Quell'uomo era estremamente provato da quanto aveva vissuto, un'esperienza sicuramente terribile perchè era ormai soltanto l'ombra del grande uomo che era stato in passato...
Lì conoscemmo Romeo Detamargus, Sacerdote del Dio Apollo."
"Durante la nostra permanenza a Cartagine fui assalito dal Nemico nelle mie stanze. Non ho ancora realizzato come accadde, i miei alloggi erano sorvegliati costantemente dai miei uomini eppure quell'uomo riuscì ad introdurvisi senza che nessuno lo scoprisse..."
I miei ricordi vagano a quella notte ed il ricordo, ormai lontano, di quegli occhi di ghiaccio mi provoca ancora un freddo brivido lungo la schiena.
"Quell'uomo mi aggredì e fortunatamente con me era il mio fidato amico Aracus. Dapprima notai un lieve bagliore venire dal fodero di Ex-Lvce e, fortunatamente, riuscii a scansarmi evitando un attacco alle spalle. Afferrai la spada e mi voltai per fronteggiare l'aggressore. Aracus sempre al mio fianco..."
Tiro un attimo di respiro e torno a rivolgermi all'assemblea riunita.
"L'uomo, incappucciato anch'egli, stava nell'ombra, pronto a colpire nuovamente. Impugnai Ex-Lvce e il bagliore azzurro divenne fortissimo. Mi sforzai di vedere cosa si nascondeva dietro a quel cappuccio, temendo nuovamente di incrociare quel volto brulicante di vermi striscianti.
Dapprima quella visione si presentò al mio sguardo, ma con un grande sforzo spinsi Ex-Lvce verso di lui, mostrando la sua vera natura...
Un uomo bianco, con degli occhi freddi come il ghiaccio mi fissavo sorridendo. Un sorriso malvagio, carico d'odio."
"Mi gettai nel combattimento, ma l'uomo sembrava schivare facilemente i miei colpi e quelli di Aracus. Senza apparente difficoltà teneva testa a due uomini addestrati nel combattimento.
Poi mi fissò dritto negli occhi e pronunciò strane parole... Una sensazione di spossatezza mi colse e mi le forze vennero a mancarmi, svenendo.
Era come sprofondassi in un abisso senza fine. Più mi sforzavo di tornare a galla più affondavo... Il respiro andava strozzandosi in gola e nuovamente quella sensazione di paura albeggiò nel mio cuore.
Con un grande sforzo riuscii a non abbandonare quelle ultime forze che mi restavano e riuscii finalmente a tornare in superficie..."
"Fu come svegliarsi di colpo da un brutto incubo. Mi ritrovai a terra, privo di forze, mentre Aracus e il Pretoriano Bellero, sopraggiunto nel mentre, contrastavano lo straniero.
Questi raccolse la mia lama e, maneggiandola con estrema abilità, ferì i due soldati per poi sparire misteriosamente in un lampo di luce azzurra..."
"Più tardi mi raccontarono quanto accadde in seguito, perchè persi nuovamente i sensi e li ripresi grazie alle attente cure del Sacerdote di Apollo.
Decidemmo quindi di recarci ad Iniax, un piccolo villaggio di pescatori dove qualche tempo prima una Centuria guidata dal Governatore in persona era sparita misteriosamente.
Giunti sul posto trovammo tracce di alcune strani esseri. Porte divelte che presentavano profondi segni di artigliate, strane tracce sul terreno..."
"Inviai alcuni esploratori a verificare se vi erano minacce e non vedendoli tornare decisi di andarli a cercare. Li trovammo morti, orribilmente devastati da profonde ferite simili a quelle che avevano inferto alle porte del villaggio..."
Ripensando a quella visione il cuore mi duole ed un profondo senso di colpa mi assale.
"Senatori, avete mai mandato al macello i vostri cari, i vostri uomini? Ebbene, non vi sono parole per descrivere quanto ho provato quel giorno, ma solo una solitaria tristezza è testimone di quanta infelicità alberga ancora nel mio cuore..."
Mi fermo per un minuto o due, mentre l'ordine all'interno del Senato viene ristabilito: sto forse perdendo la loro attenzione?
Tiro un lungo sospiro e guardo ancora una volta in direzione del Senatore, cercando il suo sguardo, il suo assenso.
Poi proseguo...
"Ebbene, i corpi dei miei uomini giacevano all'imboccatura di una caverna nella quale ci inoltrammo. Poco dopo scoprimmo una strana apertura sul pavimento. Pereva una polla di liquido nero, oleoso... Osservandola meglio notammo che si intravedeva una strana sala dall'altra parte, con alte colonne.
La terra iniziò a tremare e il soffitto crollò impedendoci la fuga... Non avendo altre opzioni ci infilammo nell'apertura, ma alcuni di noi non riuscirono nell'impresa, restando bloccati dall'altra parte.
Nella sala vi era un uomo, alto e magro. Ci disse che la nostra Grande Roma era nulla, un granello di polvere in confronto alla potenza di Atlantide!"
La parola Atlantide, pronunciata con tono deciso, rimbomba tra le volte della sala generando stupore tra gli astanti.
Un senatore si alza e urla verso di me:
"Cosa dici? Come osi nominare un luogo, un sogno che é frutto di un poeta? Atlantide non esiste!"
Sento chiaramente che la sala mormora, approva, si confronta su questa idea..
Attendo che le voci cessino, attirando l'attenzione del Senato sulle mie parole.
"Ebbene sì, Atlantide ci disse... Un mito che torna in vita? Una finzione? Per quanto mi riguarda non gli credetti, ma ebbi modo di ricredermi in seguito.
Durante la lotta che seguì riuscii a colpire mortalmente l'uomo che fino alla fine continuò a ripetere che la nostra fine era vicina... Prima di iniziare lo scontro l'uomo estrasse uno strano oggetto dalla tunica che indossava e da questo partì un raggio di luce azzurra che si infranse su una colonna, mandandola in mille pezzi! Quale potente arma conosciuta può creare un simile danno? La magia, vi rispondo... E' difficile credere a tutto questo, io per primo non volevo accettarlo. Ma quanto successe dopo mi obbligò mio malgrado a credere..."
"Durante la lotta l'uomo colpì Aracus al braccio col la sua mano, avvolta da uno strano alone nerastro. Il contatto causò al mio fedele seguace l'intorpidimento e l'avvizzimento del braccio. Provvidenziale fu l'intervento del Sacerdote che riuscì ad evitarne la perdita."
"Proseguimmo, mentre la discordia e lo sconforto si impadroniva dei nostri cuori, fino a giungere in un'immensa caverna sotterranea... Imponenti palazzi e costruzioni erano ovunque, tracce di un antico splendore che ormai non è più.
In centro alla città dimenticata davanti ai nostri occhi vi era una strana piramide con il simbolo di Atlantide su di essa... Non volevo crederci, non potevo..."
"Poi tutto successe in un attimo, un'apertura si aprì in essa e ne uscì un orrore che persino la mia mente si rifiuta di ricordare... Una terribile paura si impadronì di tutti noi e non so bene cosa accadde dopo. Ricordo soltanto la voce di Aracus che diceva: usa quell'arma, distruggilo...
Poi un lampo e il buio."
"Mi risvegliai in un letto, a Cartagine. Tutti quelli che erano con noi non hanno ricordo di quanto accadde dopo, ma una cosa è rimasta ben impressa nella nostra memoria: quella sensazione di paura, di morte la ricorderemo sempre! Probabilmente gli Dei ci assistettero, ma non sarà sempre così Senatori..."
"Proprio per questo dobbiamo recarci ad incontrare Astrifone Argus, per sapere cosa minaccia tutti noi, cosa vuole distruggere il nostro Grande Impero!
Vi prego, Senatori, concedeteci il vostro aiuto. E' fondamentale per riuscire a rimandare la loro venuta, per impedire il ritorno di antiche potenze senza nome..."
Guardo i Senatori negli occhi, uno ad uno, soffermandomi su quelli che paiono più indecisi.
Il mio sguardo è freddo e determinato, il mio cuore batte come non mai, sento il sangue pulsare nelle vene e il bisogno di respirare a pieni polmoni...
"Quanto minaccia Roma minaccia noi tutti, loro sanno e sicuramente cercheranno di impedirci di compiere la nostra missione. Per quanto grande e potente sia il nostro esercito non può nulla contro di loro...
Ma so che tra noi ci sono uomini di grande valore e grande coraggio in grado di opporsi alla loro venuta, in grado di combatterli.
So che è difficile credere alle mie parole, ma credo di aver dimostrato più volte il mio impengo per proteggere Roma durante questi quattro anni di vittorie contro i Barbari che minacciano il nostro Grande Impero. Vi chiedo di fidarvi, di non essere ciechi e rifiutarvi di vedere quello che è il vero Nemico, la più grande minaccia che da secoli a questa parte trama nell'ombra preparando il loro ritorno.
Siete liberi di ritenermi un pazzo, di giudicarmi folle. Ma vi prego, non sottovalutate questa minaccia, la più grande che Roma sia mai stata costretta a dover affrontare. So che tra di voi ci sono alcuni che sono scettici e che non vogliono credermi. Se questi hanno a cuore il loro futuro, quello di Roma e dei loro cari li prego di non opporsi a questa decisione perchè se loro ritornano non ci sarà più futuro, nè per loro nè per tutti..."
"Con questo concludo, vi prego di perdonare il disturbo ed il tempo che ho sottratto alla vostra attenzione. Ma il tempo stringe e potrebbe già essere troppo tardi. Il Nemico potrebbe aver trovato Astrifone Argus e le nostre possibilità di conoscere, di sapere cosa minaccia Roma e noi tutti, potrebbero assottigliarsi drasticamente ed impedirci di contrastarli..."
Detto questo mi inchino e saluto come da etichetta. Dopo di che volto i tacchi e mi avvio verso l'uscita della Sala del Senato, carico di paura e di preoccupazione. Se non fossi riuscito a convincerli tutto sarebbe estremamente difficile e la nostra esistenza diventerebbe tanto inutile quanto breve...
Lancio un'ultima occhiata al Senatore e varco la soglia dell'uscita. Tiro un profondo respiro ed attendo con il cuore colmo di speranza.
Il senatore sorride tra un colpo di tosse e l'altro, e mentre rivedo il miei compagni, posso dire di aver dato tutto me stesso in questo discorso..
Ora non resta che attendere il responso dell'assemblea.
Passano le ore, mentre la discussione prosegue.
Poi la porta si apre, e quando é quasi sera, e la tensione ha raggiunto il massimo, un senatore, aiutando Caio Albertus, annuncia quanto segue:
"Il Senato di Roma, con la benedizione dell'Imperatore Cesare Ottaviano Augusto delibera che Falco, con un gruppo di pochi uomini, visti i precedenti, si rechi da questo indivino nella Gallia, il prima possibile, e mandi un rapporto a questa assemblea al più presto. Buona fortuna"
L'ex senatore si appoggia a sua nipote, sorride e dice:
"Ce l'hai fatta Falco.. ce l'abbiamo fatta!"
L'altro senatore, non degnandovi di uno sguardo, ritorna nel Senato, al governo dell'impero.