[AMB] Archetipi generali

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Gabryk
00giovedì 28 aprile 2005 22:30
Parliamo qui di gerarchia e ruolo nella società degli archetipi.
Ovviamente anche di qualsiasi altra cosa direttamente legata ad essi.

Tolto l'archetipo del Domestico.

Per quanto riguarda la nota storica fatta da stauro, riguardo i sacerdoti: si era deciso di considerare i sacerdoti di mestiere, a discapito di quelli a "tempo perso" per così dire.
Perciò direi che questo è uno di quei casi in cui accantoniamo un po' di storicità per una maggiore giocabilità.
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Quando comincia una guerra la prima vittima è sempre la verità. Quando la guerra finisce le bugie dei vinti sono smascherate, quelle dei vincitori diventano Storia.

[Modificato da Gabryk 28/04/2005 22.31]

Staurophylaktos
00giovedì 28 aprile 2005 23:42
Mi pare giusto lasciare il sacerdote com'è, anche perchè altrimenti sarebbe ingiocabile.
Gabryk
00venerdì 29 aprile 2005 11:11
Gerarchia sociale
Faraone
Scriba
Gran sacerdote
Sacerdote
Consigliere
Intellettuale
Nobile
Medico
Edile
Artigiano
Guardia
Soldato
Commerciante
Messaggero
Esploratore
Accolito
Bracciante
Schiavo

Notate che compaiono prevalentemente gli archetipi, ad eccezione di faraone e gran sacerdote, che sono le uniche classi sociali che mi sono venute in mente oltre a quelle già rappresentate dagli archetipi. Se ve ne vengono in mente altre che non sono considerate dite pure, anche se non sono archetipi fa lo stesso.

Va da se che chi è più in basso deve sottostare a tutte le classi sociali sopra di sè.

[Modificato da Gabryk 29/04/2005 20.30]

Vykos
00venerdì 29 aprile 2005 14:39
lo scriba non è un po'troppo in alto?
cioè, ok che fosse rispettato ed ammirato, ma un consigliere è pur sempre un appartenente alla nobiltà o comunque una persona istruita, secondo me dovrebbe essere più importante dello scriba, che sostanzialmente fa un lavoro manuale...
magari va bene che conti più dell'intellettuale e del nobile comune, però non credo che un consigliere sia stato scelto per la discendenza.



Gabryk
00venerdì 29 aprile 2005 15:13
Ho modificato direttamente il post precedente.
Staurophylaktos
00venerdì 29 aprile 2005 18:32
Fermi tutti!!! con tutto quello che ho speso per farlo studiare mi abbassate il livello dello Scriba?

Lo Scriba era il capo della burocrazia. Aveva (tra gli altri) il compito di calcolare e riscuotere le tasse (da cui tra l'altro era esentato, beato lui!), funzione che lo pone ad altissimo livello nella scala sociale. Subito dopo il Gran Sacerdote, almeno (ma io lo metterei sopra) alla pari col Sacerdote.

All'epoca delle grandi piramidi i principi di sangue reale si riservavano il diritto di farsi erigere una statua in tenuta di Scriba, per rendere l'idea.


Gabryk
00venerdì 29 aprile 2005 20:34
Tra l'altro sapevo anche che gli scribi erano gli unici a ricoprire il ruolo di legislatori o giudici mi pare, o qualcosa di simile.
Ho messo lo scriba direttamente sotto il faraone, mi sembra una scelta più che giustificata e direi di riportare qualche stralcio del genere nell'ambientazione per rafforzarla:


All'epoca delle grandi piramidi i principi di sangue reale si riservavano il diritto di farsi erigere una statua in tenuta di Scriba, per rendere l'idea.



Elwood Blues
00venerdì 29 aprile 2005 21:41
Vi passo alcuni link e info da cui poter attingere:

www.storiafilosofia.it/popoli/egiziani/societa_3.php

Classi Sociali

Secondo Erodoto (che visitò l’Egitto intorno al 450 a.C., al termine quindi della grande parabola della civiltà egizia) sono 7: sacerdoti, guerrieri, bovari, porcari, mercanti, interpreti e nocchieri.

Secondo studi recenti esse sono però riconducibili a quattro grandi categorie: la nobiltà, che comprende sacerdoti, alti funzionari, cortigiani e capi militari; gli scribi, una vera e propria casta di funzionari alle dipendenze dello stato; la "gente di città", che comprende tutta una serie di lavoratori professionisti; contadini e allevatori.

Schiavi e stranieri sono considerati a parte, al di fuori della società.


Gab guarda un pò qui: www.terredioscuria.it/print.php?id=1353


Ave,
Elwood

Gabryk
00martedì 3 maggio 2005 22:03
Grazie all'apporto di El, direi che possiamo alleggerire gli archetipi del "nobile", che visto sotto l'aspetto storico non ha senso, perchè in effetti la nobiltà non esisteva come la concepiamo noi, o cmq nn era ancora sviluppata.
Quindi via il nobile e nell'ambientazione si precisa che militari, gran sacerdoti e altri compongono la nobiltà.

Stauro, aspetto il tuo raccontino sulle armi riveduto e corretto, come hai detto.
Staurophylaktos
00martedì 3 maggio 2005 22:22
El ha ragione, e mi ha dato un'idea: se dividessimo il tutto in 3 o 4 macro-classi sociali, ognuna delle quali ne comprende altre?

Qualcosa del tipo:

Nobiltà (o come la si vuole chiamare)
- Gran Sacerdoti
- Sacerdoti
- Consiglieri
- Nobili
- Intellettuali

Casta combattente
- Soldati
- Guardie
- Messaggeri
- Esploratori

Casta non-combattente
- Medico
- Edile
- Artigiano
- Commerciante
- Accolito
- Bracciante

Il Faraone ovviamente fa casta a sè, come gli Scribi e gli Schiavi. Le caste seguono una precisa gerarchia (es. un sacerdote sarà sempre più importante di un soldato), ma all'interno i valori sono variabili a seconda del potere personale e della situazione politica; classico esempio i sacerdoti: in alcuni periodi avevano un potere quasi illimitato, in altri questo potere era in mano ai ministri di palazzo e così via.

Il post sulle armi è in lavorazione: devo ritrovare parte del materiale (troppi anni son passati dall'esame...), ma è a un discreto punto.
Gabryk
00mercoledì 4 maggio 2005 10:01
Si, mi piace come idea, ma la mia domanda resta: pensi che l'archetipo "nobile" (che vedo anche nel tuo post) abbia senso? Cioè, da quanto ho capito non c'era la nobiltà tipo "o caVo, do una festa nella mia piVamide, devi veniVe di ceVto!" ma più classi sociali, privilegiate e rispettate, formavano la nobiltà.

Ok per le armi [SM=g27777]
Elwood Blues
00mercoledì 4 maggio 2005 11:14
Ragazzi un altro consiglio, togliete i nobili: la classe "dirigenziale" nell'antico Egitto faceva da padrona.


- Gran Sacerdoti
- Sacerdoti
- Consiglieri
- Intellettuali

Direi di lasciare solo questi e nel possibile nn dargli il nome di macroclasse "Nobili".

Ave,
Elwood

Gabryk
00mercoledì 4 maggio 2005 11:25
Ma li leggi i miei post, El!? [SM=g27784]
Cmq penso possa andare anche "classe dirigente" o qualcosa del genere.
Elwood Blues
00mercoledì 4 maggio 2005 11:40
Si Gab, però mi pareva ancora un punto in dubbio.
Classi dirigente nn è male.

Vedo se trovo in rete su siti legati a quel periodo qualcosa a riguardo.

El
Staurophylaktos
00mercoledì 4 maggio 2005 11:41
Re:

Scritto da: Gabryk 04/05/2005 10.01
SCioè, da quanto ho capito non c'era la nobiltà tipo "o caVo, do una festa nella mia piVamide, devi veniVe di ceVto!" ma più classi sociali, privilegiate e rispettate, formavano la nobiltà.




[SM=g27775] [SM=g27775] Splendido il nobilotto snob!!!!

Io lascerei il nobile. Ci metterei dentro tutti i principi di sangue reale, che erano davvero un sacco. Il Faraone aveva un intero harem ha disposizione, e essendo una monarchia ereditaria i figli (che a volte erano una cinquantina!) detenevano un discreto potere a corte. Se poi ai figli sommiamo tutti i fratelli ecc. del padre del faraone regnante, e i parenti stretti, arriviamo a un numero consistente di personaggi che ricevevano il potere solo da legami di parentela.
Effettivamente non c'era una vera e propria classe nobile, ma non saprei come altro definire tutti questi "parenti", che anche se non ricprivano ruoli a corte facevano sentire la loro influenza.
Elwood Blues
00mercoledì 4 maggio 2005 11:44
Vi ricordo che in alcuni casi il Faraone poteva (se nn ricordo male) sposarsi con una di famiglia.

Ave,
Elwood

Elwood Blues
00mercoledì 4 maggio 2005 11:49
ulisse.sissa.it/site/public/ScienzaSette/s7_06dic02_7.htm

Non è il primo sito dove trovo notizia simile.
In altri siti spesso invece della parola Nobili si usa "cortigiani".

Ave,
Elwood

E' bello bagnarsi nel laghetto con Te
scendere in acqua con Te
e a Te mostrarmi nella mia bellezza
avvolta in finissimi lini regali
con un pesce rosso tra le dita.
Vieni a vedermi…


(Traduzione di poesia dedicata dalla principessa Nafteta o Nefertiti al faraone Amenophi III)
[SM=g27776]
Staurophylaktos
00mercoledì 4 maggio 2005 12:42
Re:

Scritto da: Elwood Blues 04/05/2005 11.44
Vi ricordo che in alcuni casi il Faraone poteva (se nn ricordo male) sposarsi con una di famiglia.

Ave,
Elwood




Ricordi benissimo, El. Anzi, era la prassi il matrimonio con consanguinei.
Gabryk
00mercoledì 4 maggio 2005 13:27
Anche Stauro ha ragione, in effetti c'erano principi e parenti vari... lasciamo il nobile allora?
Bisogna specificare bene però la diversità.

Casta dirigente
- Gran Sacerdoti
- Sacerdoti
- Consiglieri
- Nobili (principi, o parenti di membri della casta dirigente)
- Intellettuali

Casta combattente
- Soldati
- Guardie
- Messaggeri
- Esploratori

Casta non-combattente
- Medico
- Edile
- Artigiano
- Commerciante
- Accolito
- Bracciante

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Quando comincia una guerra la prima vittima è sempre la verità. Quando la guerra finisce le bugie dei vinti sono smascherate, quelle dei vincitori diventano Storia.

[Modificato da Gabryk 04/05/2005 13.29]

Elwood Blues
00mercoledì 4 maggio 2005 17:14
Per me è indifferente. Me lo vedo + da impero romano e sucessivi, ma nn è un problema, sta a voi decidere le parti del progetto.

Ave,
Elwood

Gabryk
00mercoledì 4 maggio 2005 17:54
Ehi El, qui è Stauro ad aver sostenuto un esame di egittologia! [SM=g27775]

A parte gli scherzi, in effetti stavo pensando: alla fine dei conti un nobile sarà giocabile?
Sarà equilibrato mettere un nobile in un gruppo? E soprattutto, perchè mai un nobile dovrebbe stare magari con soldati, edili, schiavi e gli archetipi più disparati?

Secondo me se vogliono fare qualcosa si portano dietro gente fidata. Ecco l'idea! Fare che tutti gli altri PG giocanti siano ai servigi del PG nobile. Ma così si da troppo potere ad un PG e il giocatore si monterà la testa inevitabilmente.

Forse è meglio toglierli i nobili, citandoli solo nell'ambientazione, come il faraone e i gran sacerdoti.
Staurophylaktos
00mercoledì 4 maggio 2005 18:29
Probabilmente ai ragione, Gab. Il nobile è duro da giocare sopratutto in rapporto agli altri, ma a quel punto lo stesso discorso vale anche per i grandi sacerdoti,ecc., diciamo la casta in generale.

Sulle regole io non metto becco (le conosco ben poco), ma penso si potrebbe lasciare per avventure in cui il gruppo sia di "casta elevata", tipo un nobile, un importante sacerdote, un comandante militare, ecc.

Potremmo specificare che il gruppo dovrebbe (per coerenza interna) essere costituito da personaggi della stessa casta, tranne casi eccezionali.

O per gestire i PNG (scusate il termine D&Desco).

Poi sia chiaro, se ritenete che sia meglio toglierlo non mi permetto di discutere (anche perchè è il tuo gioco!).
----------------------------
Omnia sunt communia

[Modificato da Staurophylaktos 04/05/2005 18.31]

Elwood Blues
00mercoledì 4 maggio 2005 18:41
E lasciare l'indicazione per certe classi come consigliate per PNG?

Volendo un master potrebbe comunque fare usare un nobile ad un giocatore, magari sul filone diuna certa storia in cui tale nobile deve prendere il potere o difendersi (con guardie ecc...) da altre famiglie importanti.
Io direi di creare comunque un minimo di Bkgnd e di lasciare poi al master la scelta se svilupparlo o nn farlo giocare al party.

Ave,
Elwood
[SM=g27776]
Staurophylaktos
00mercoledì 4 maggio 2005 18:47
Re:

Scritto da: Elwood Blues 04/05/2005 18.41
E lasciare l'indicazione per certe classi come consigliate per PNG?

Volendo un master potrebbe comunque fare usare un nobile ad un giocatore, magari sul filone diuna certa storia in cui tale nobile deve prendere il potere o difendersi (con guardie ecc...) da altre famiglie importanti.
Io direi di creare comunque un minimo di Bkgnd e di lasciare poi al master la scelta se svilupparlo o nn farlo giocare al party.

Ave,
Elwood
[SM=g27776]



Perfetto, El. Hai preso in pieno quello che intendevo![SM=g27777]
Gabryk
00mercoledì 4 maggio 2005 19:47
Si in effetti meglio far scegliere al master, pensavo anche a quello infatti.
Rileggendo e riflettendo sugli archetipi, soprattutto quelli più prestigiosi, credo che sarà meglio stilare una lista di "possibilità d'azione", cioè cosa potrebbe fare un determinato PG, quale sarebbe il suo scopo.
Per dare un po' una mano a giocatori e master a interpretare.
Staurophylaktos
00martedì 17 maggio 2005 20:44
Archetipi: il Sacerdote

Come un tempio egizio ha solo pochi punti in comune con ciò che i moderni chiamano con questo nome, il termine “sacerdote” che noi aggiungiamo ai vari titoli applicandolo al personale in funzione di un santuario può dare adito a molte confusioni.
I sacerdoti, in Egitto, non costituiscono una setta a parte, non sono dei predicatori, non hanno una “parrocchia” da catechizzare: sono i “servitori del Dio” e non le guide spirituali del popolo. La divinità è presente nel tempio, durante il giorno, immanente nella sua statua: è un essere materialmente vivo, vulnerabile come un uomo e provvisto dei medesimi appetiti; il sacerdote ha il compito di mantenere questa statua e il suo onnipotente inquilino in buona forma; vestirla, sostentarla, proteggerla da ogni colpo esterno e da ogni impurità che potrebbe diminuire o degradare la sua efficienza terrestre.
In ogni città e borgata della campagna egizia, i templi sono gli edifici che assicurano con la loro presenza e col loro funzionamento il perdurare costante della creazione, l'equilibrio universale raggiunto nel primo giorno del mondo, grazie al quale è nata tutta la vita e senza il quale tutto tornerebbe nel caos. I sacerdoti non sono altro che gli “impiegati” di tali organismi indispensabili alla vita terrestre.
Il mantenimento dell'ordine universale è, inizialmente, l'ufficio del capo del clan, in pari tempo mago e capo guerriero. Nell'Egitto unificato questa missione resta, in teoria, privilegio regale: i sacerdoti compiono quindi per delegazione del re il loro compito nei diversi santuari del paese, ed è il re, non i sacerdoti, a venir rappresentato sui muri dei templi mentre esegue davanti agli dei gli atti del rituale.
Il tempio, vietato alla folla, “casa di Dio”, è un luogo di purezza; non c'è obbligo più importante, per un membro del clero, di questa purezza fisica. In cosa consisteva? In primo luogo il sacerdote doveva “fare le sue abluzioni due volte durante il giorno e durante la notte” (Erodoto); è la condizione fondamentale per l'ammissione d'un Egiziano in un santuario; d'altro canto, il sacerdote doveva essere completamente raso, tosato e depilato; doveva essere circonciso, il che non avveniva sempre per i laici; doveva inoltre astenersi da ogni contatto sessuale durante il periodo di attività nel tempio, non aver infranto l'interdizione religiosa che era propria al dio della sua città (tabù alimentare o azione proibita) ed essere vestito solo d'una stoffa pura di lino, escludendo qualsiasi filo di lana o di cuoio che appartenessero ad un animale vivo. Queste condizioni di purezza, rigidissime e ripetute in ogni occasione dai testi religiosi erano, a quanto sembra, sufficienti perchè un uomo potesse, almeno in teoria, esercitare in un tempio una funzione sacerdotale.
Doveva inoltre, naturalmente, aver acquisito la complessa competenza teologica necessaria al suo ufficio (come attesta Clemente Alessandrino), ma i testi non ci danno ragguagli su questo punto.
Gli Egiziani amavano la stabilità professionale; uno dei loro desideri più cari era di vedere il “figlio esplicare la stessa funzione che il padre aveva esercitato”. Tale ereditarietà delle cariche viene riscontrata spesso nelle classi sacerdotali: i documenti ci rivelano frequentemente l'esistenza di vere e proprie dinastie di sacerdoti. Ma si poteva diventare sacerdoti per semplice scelta, senza antecedenti familiari, acquistando la carica o per grazia del Faraone; quest'ultimo mezzo costituiva anzi il principale metodo di controllo del potere, talvolta preoccupante, del clero.
Quali uomini si potevano trovare al servizio degli immortali? Si può suddividerli in parecchie categorie: in primo luogo gli amministratori, numerosi nei templi più importanti, che s'incaricavano di tutta l'organizzazione economica dei santuari: gerenza delle terre del dio, controllo della riscossione delle tasse, rifornimento di cibo per gli altari e per gli officianti che vivono delle offerte esposte, rapporti con i templi associati e con l'amministrazione del re.
Poi l'alto clero, i servitori del Dio, che i greci chiamavano Profeti, a volte suddivisi in quattro classi successive, in cui il Primo Profeta era il personaggio più alto d'un dato clero ed aveva un'attività politica in seno allo stato. Vi furono epoche in cui i primi profeti di Amon ebbero la dignità regale. Il basso clero era costituito da chierici “degli ordini minori”, che i testi indicano col termine generico di Purificatori; essi venivano probabilmente chiamati a officiare nei templi poveri e con un numero limitato di personale; nei grandi santuari, eseguivano piccole masioni materiali e spesso non erano che semplici cappellani.
A fianco di questa gerarchia, ma strettamente legati ai templi, vivevano gli Specialisti, in genere scribi, che frequentavano le “case di vita”, redigevano i sacri scritti, li leggevano talvolta in occasione di cerimonie importanti, e potevano essere mandati a rappresentare il clero d'un tempio se il Faraone ne dava l'incarico. Fra gli specialisti, citiamo gli scribi delle “case di vita”, gli “studiosi”, i “sacerdoti-lettori”, gli “orologi” (sacerdoti-astronomi che determinavano il movimento delle cerimonie), gli “oroscopi”, versati nell'emerologia, che sapevano distinguere il carattere fasto o nefasto dei giorni dell'anno.
Questi specialisti non erano così indissolubilmente legati ai templi quanto gli altri membri del personale sacerdotale. Potevano avere attività indipendenti, e, per esempio, officiare nella necropoli in caso di cerimonie funebri; esercitare, nei villaggi, le funzioni di esorcisti e di maghi, e, all'occasione, praticare la medicina.
I templi possedevano inoltre cantori e musici, arpisti, suonatori di flauto e tromba la cui arte era necessaria in certe cerimonie solenni. Ma, pur appartenendo probabilmente al personale dei templi, non ne erano certo che gli ausuliari, senza funzioni religiose. Il culto del divino non era esercitato, nel corso dell'anno, dallo stesso personale: ogni gerarchia ecclesiatica era suddivisa in quattro classi, di identica composizione (le quattro phylai), che, di volta in volta, si assumevano la cura del tempio, del suo materiale e del culto, per la durata di un mese. La stessa squadra, quindi, era di servizio solo dopo un trimestre di sospensione. Durante questo periodo i sacerdoti conducevano la vita dell'Egizio medio nel loro villaggio d'origine.

Staurophylaktos
00martedì 17 maggio 2005 22:18
Archetipi: il Faraone

L'appellativo di Faraone, che evoca per noi un'immagine prestigiosa e antichissima, entrò nell'uso corrente per designare il re solo nel I millennio a.C., in un'epoca in cui, avendo compiuto il ciclo essenziale del proprio destino, l'Egitto non poteva più offrire all'amministrazione degli uomini sovrani che eguagliassero quelli conosciuti al tempo della propria grandezza.
Tramandata dalla Bibbia, la parola “Faraone” viene dall'egiziano pir-o “grande casa”, che, dopo essere servita a designare il palazzo, finì con l'essere applicata a chi ne era il padrone. Ma in nessun momento storico Faraone è stato il titolo autentico del re; il protocollo ufficiale comprende, quando è completo, cinque nomi. Così, Ramses II si chiama: Horus “toro-vittorioso-amato-da-Maat”, le due signore “Colui-che-protegge-l'Egitto-e-sottomette-i-paesi-stranieri”, Horus d'oro “Ricco-di-anni-grande-di-vittoria”, Re dell'Alto e del Basso Egitto (letteralmente colui-che-appartiene-al-giunco-e-all'ape) e Padrone del doppio Paese “Re-è-potente-quanto-Maat-eletto-da-Re”, Figlio di Ra e padrone delle corone “Ra-è-colui-che-l'ha-generato-amato-da-Amon”.
L'aspetto esterno del Faraone non è meno sontuoso. Le sue insegne l'identificano con gli dei. Come essi, porta fissata alla cintura una coda d'animale che ricade dietro le reni; ha una barba posticcia, che è in se stessa una divinità, e uno scettro a testa di Seth. I fedeli cantano inni alle sue corone dotate di vita soprannaturale. In mezzo alla fronte l'Uraeus, il serpente a gola dilatata che s'alza a difesa, sprigiona la fiamma che arde i ribelli. Di statura eroica, il Faraone resiste al suo braccio, schiva i suoi colpi o sfugge al suo inseguimento. Solo nel mezzo della mischia, massacra miriadi di nemici. “il terrore che ispira spaventa i barbari nelle loro stesse contrade”. Possiede il dono dell'onniscienza, “i suoi occhi scrutano nel profondo di ogni essere”. Gli dei conoscono le virtù del Faraone prima ancora che sia nato, Ra lo “designa per stare nel palazzo, quando è ancora embrione”; “lo forma” per occupare il trono; il Re è “figlio del suo ventre”.
Tali espressioni corrispondono a una realtà : il Faraone è figlio carnale del Dio Supremo. Il tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari, quello di Amenofis III a Luxor, conservano una serie di scene che spiegano perchè la nascita del re sia la natività d'un Dio. Vediamo Amon prendere la forma del Faraone per regnare e unirsi alla regina madre. Dopo la teogamia, Khnum modella sul suo tornio da vasaio il fanciullo divino e il suo Ka; Il parto ha luogo con l'assistenza delle dee levatrici.
Il neonato viene presentato ad Amon, suo padre, le Hator lo allattano, gli dei lo battezzano.
Le promesse della nascita miracolosa si realizzano il giorno dell'incoronazione. Il faraone recita il mistero della consacrazione, scene svariate in compagnia di principi, notabili, sacerdoti trravestiti da divinità. Le cerimonie corrispondono ad una realtà trascendente. Horus incarnato, il re riceve la successione di suo padre Osiride; figlio di Amon, viene presentato da lui agli dei e agli uomini. Horus e Seth gli porgono le corone dell'Alto e del Basso Egitto; le due parti del regno sono riunite ai suoi piedi; facendo il “giro del muro” prende possesso del proprio dominio; la cancelleria divina stabilisce il protocollo e Thoth, con la dea della scrittura, trascrive i suoi nomi sulle foglie dell'albero sacro ished. Qualsiai cambiamento sul trono assume un significato cosmico. Se, alla morte del re, il caos minaccia l'ordine dell'universo, l'elevazione al trono del faraone rinnova la creazione originale, ristabilisce l'equilibrio della natura. L'armonia del mondo dipende dal Re, egli deve conservare tutti i propri mezzi per il buon andamento del cosmo. La Festa del Giubileo (Heb-sed) risponde a questa necessità. Ogni Faraone la celebra, di solito, dopo 30 anni di regno e la ripete poi a intervalli ravvicinati. Eco lontana, si pensa, della rituale uccisione del capo tribù invecchiato, questa solennità permette al re di rinnovare la propria forza vitale e di succedere a se stesso. Per onorare uno di loro, gli dei si fanno rappresentare alla cerimonia dalle proprie statue rituali.
La vita quotidiana dell'Horus del Palazzo è circondata da un cerimoniale molto complesso, simile al culto quotidiano nei templi. Quelli che avvicinano il faraone si prosternano “fiutando la terra”, “si trascinano sul suolo” e “rivolgono preghiere al Dio perfetto esaltandone la bellezza”.
Figlio di Ra, il faraone ha accesso d'obbligo all'aldilà celeste; naviga nel firmamento in compagnia del sole, in quanto è lui stesso sole. Erede di Osiride, che un tempo aveva regnato sulla terra, il Faraone alla fine della vita s'identifica col dio dei morti. Tutte le credenze funerarie degli Egizi sono state elaborate per il re e trovavano una giustificazione teologica nella sua natura divina. I sudditi usurpano, con l'andar del tempo, i privilegi postumi del faraone, ma questa democratizzazione dell'altro mondo resta aleatoria, perchè i semplici mortali non possono organizzare materialmente la propria esistenza d'oltre tomba con lo stesso fasto del sovrano. Non è necessario ricordare i grandi monumenti che i faraoni hanno innalzato per garantire la propria sopravvivenza, il numeroso personale incaricato del loro culto, le proprietà riservate alla fornitura delle offerte, infine il posto che tiene il servizio dei re morti nei temoli degli dei.
Nell'aldilà, come quaggiù, il faraone resta dunque distinto dagli uomini, confinato in uno splendido isolamento. I suoi pari celesti gli sono più vicini dei suoi sudditi. Figlio ed erede degli dei, dio lui stesso, solo lui può avvicinarsi al trono divino. Vota ai propri genitori un culto filiale e i sacerdoti officiano nei santuari solo su delega del re. Ecco perchè i rilievi che decorano i templi mostrano sempre il faraone intento a compiere riti. Fonda i templi e li mantiene con le proprie ricchezze. In cambio gli dei l'aiutano in ogni circostanza, garantiscono al faraone il dominio universale che, secondo il dogma, gli spetta di diritto. Qualsiasi monarca, ovunque si trovi, è un suo vassallo, ogni avversario è un ribelle destinato a perire. La vita e la morte appartengono al re, egli “dà il soffio di vita a chi vuole”, gli elementi gli obbediscono; la piena del Nilo dipende dal faraone come “l'acqua del cielo”, nel lontano paese hittita, e la neve cessa di cadere sulle montagne della Siria per lasciar passare i “delegati di Ramses II”:

Staurophylaktos
00martedì 31 maggio 2005 18:51
Archetipi: il bracciante

La ricchezza dell'Egitto, nell'antichità come ai giorni nostri, è dovuta all'oscuro lavoro dei Fellah; frugale e resistente alla fatica, egli lavora instancabile la terra che, in genere, non gli appartiene, e fa vivere una società che gli lascia appena di che sussistere. La sua condizione non è cambiata col passar dei secoli, i suoi strumenti di coltivazione non si sono evoluti sulla lunga durata, il suo modo di vivere è, pressappoco, lo stesso. Oggi, nelle campagne, si trovas persino il medesimo tipo fisico dell'antico contadino, agile come un animale di razza, il che è sorprendente in un agricoltore.
Su questo argomento sono chiari i testi: “la condizione del coltivatore ne fa un duro mestiere. Quando le acque dell'inondazione ricoprono il terreno, egli prende cura dei propri attrezzi, passa le giornate a fabbricarsi gli utensili per arare, e le notti a fabbricare le corde; anche l'ora di mezzogiorno è occupata dai lavori che sono tipici del contadino; appresta il proprio equipaggiamento per uscire nei campi, come si preparano i guerrieri. Quando la sua parte di terra si stende asciutta davanti a lui, esce per procurarsi una coppia di buoi, e, dopo aver perso parecchi giorni per trovare un pastore, riesce infine a procurarseli. Ritorna con le bestie e fa per esse un segno nel campo. All'alba, esce per badare a loro, e non le trova al proprio posto. Passa tre giorni a cercarle e finisce per trovarle nel pantano. Ma non trova più i loro finimenti, gli sciacalli se li sono rosicchiati. Esce col perizoma in mano, per chiedere una muta di buoi. Arriva al proprio pezzo di terra e lo trova pronto per essere coltivato. Dedica tutto il suo tempo alla coltivazione dei cereali. Il serpente è più svelto di lui e distrugge la semente gettata sulla terra così che il coltivatore non vede spuntare neanche un po' di verde. Ricomincia ben tre volte, con orzo preso a prestito. Sua moglie è caduta nelle mani dei venditori, perchè lui non ha trovato nulla da dare in cambio”.
Le disgrazie del contadino raddoppiano al momento del raccolto: “I topi abbondano nel campo, la cavalletta vi si abbatte, il bestiame divora; i passeri portano la miseria al coltivatore. Ciò che restava sull'aia è finito: è per i ladri. L'affitto dei buoi è perduto, perchè essi sono scoppiati a forza di schiacciare le spighe e di lavorare il terreno. E allora ecco che lo scriba sbarca sulla riva per raccogliere la tassa sul raccolto; le guardie sono armate di randelli e i Nubiani di rami di palma. Dicono: dà il grano! Proprio quando non ce n'è. Battono duramente il contadino e lo gettano, legato, nel pozzo; affonda nella sabbia a testa in giù. Sua moglie viene legata di fronte a lui e i figli incatenati. I vicini lo abbandonano e fuggono, il loro grano se ne va”.
Non bisogna prendere alla lettera questo quadro pessimista della condizione del contadino; gli scribi la rendono più nera a bella posta perchè disprezzano l'agricoltore e perchè si rivolgono ai propri studenti che talvolta hanno il cattivo gusto di lasciare gli studi per darsi al lavoro nei campi. E ciò perchè la vita nelle campagne non è priva di attrattive.
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Omnia sunt communia

[Modificato da Staurophylaktos 31/05/2005 18.52]

Earl Cain
00mercoledì 14 settembre 2005 18:04
Secondo Donadoni gli archetipi sono tali:
Contadino
Artigiano
Scriba
Funzionario
Sacerdote
Soldato
Schiavo
Straniero
Morto
Re

comunque.. vi consiglio caldamente il libro "l'uomo egiziano" a cura di Sergio Donadoni
Staurophylaktos
00mercoledì 14 settembre 2005 18:32
Il problema della lista è che sono troppo pochi, avremmo poca varietà di pg interpretabili.
Soprattutto giocare un morto non dev'essere troppo facile![SM=g27777]

E su Donadoni concordo, andrebbe letto tutto, o almeno i testi sulla religione.
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